martedì 29 marzo 2011

Impariamo dalla natura: l'avvoltoio

Sono un’appassionata di natura, pur non avendo titolo per entrare nel merito dei suoi secolari misteri. Eppure credo che da lei possiamo imparare molto anche noi umani.

Così, rileggendo alcuni saggi di etologia (mentre scrivo ho accanto a me l’ultimo articolo apparso sul “Corriere” a firma di Danilo Mainardi sulla solidarietà fra cani), mi sono imbattuta in una descrizione sugli avvoltoi che ben s’addice al difficile momento politico che stiamo vivendo, anche a livello locale.

L'avvoltoio è colui che vive della morte degli altri; come non avesse motivi personali per gioire, si rallegra soltanto della decadenza e della decomposizione degli altri. Non è un cannibale poiché non mangia carni della propria specie, ma è per antonomasia un “rivale”. Non gode di stima collettiva, ma è per eccellenza il più efficace spazzino e molti lo temono. Madre natura lo ha fatto per questo. Alto, con il collo spelacchiato che gli serve per entrare nelle carogne senza infettarsi. La sua esistenza è legata da sempre alla presenza dell' uomo che alleva gli armenti di cui l'uccello si nutre. Dell'uomo, però, l’avvoltoio ha paura, anche se cerca di conviverci. Diciamo che ci sopporta.
In sintesi, non è un animale sociale, capisce l’importanza del gruppo solo perché in gruppo è più facile trovare il cibo, consumarlo e garantirsi la sopravvivenza. Si può dire, anche se ciò susciterà facili ironie, che l’avvoltoio è un animale più da clan che da società. Gode degli errori degli altri, e coloro che gli stanno vicini finiscono inevitabilmente per accondiscenderlo o soccombere, poiché lui evita i rapporti alla pari.
Però, a suo modo, l’avvoltoio ci ripaga.
Come? In poche ore una colonia di grifoni, l’avvoltoio per eccellenza, è in grado di spolpare una mucca o un cavallo, lasciando solo le ossa. In questo modo impedisce che dalla carcassa putrefatta si propaghino malattie.
L' efficacia dell'operazione di "pulizia" è garantita.
Si può convivere con gli avvoltoi? Solo se siamo della sua stessa specie e solo se siamo muniti di una forte consapevolezza, e di una consistente padronanza emotiva.

P.S.